Il disagio può pervadere nei modi e nei momenti più disparati, specialmente in questi tempi caratterizzati da una modernità veloce e complessa; vengono richieste alle persone maggiori e specifiche competenze professionali, culturali, sociali; orientarsi, comprendere, muoversi, tracciare il proprio cammino nel mondo, appare impresa difficile per chiunque.
La vita non risparmia momenti difficili a nessuno, da questo punto di vista potremmo ritenerci tutti a rischio; un passaggio a vuoto non previsto, meno gestibile dei tanti che siamo inevitabilmente chiamati ad affrontare nel corso della nostra esistenza, basta un soffio di vento più forte e la fragilità che contraddistingue il nostro essere “umani” ci espone a scenari di grave criticità, anche duramente dolorosi e talvolta invalidanti.
“Disabili, matti, bambini, giovani, anziani, stranieri, gay, lesbiche, eterosessuali, islamici, ortodossi, cattolici, cristiani, profughi, alcolisti, ludopatici, tossici…”.
Categorie simboliche o persone vere?
Questo è il vero enigma che siamo chiamati a risolvere, laddove il germe della “uguaglianza, della fratellanza e della libertà” troppe volte e in troppi luoghi stenta ancora ad attecchire.
Se non proveremo collettivamente a contrastare, abbattere e ridisegnare gli sterili confini dell’abbandono, dell’indifferenza e della separazione sarà arduo poter scacciare i fantasmi dell’esclusione preventiva, della violenza morale e materiale “a prescindere”. Con questo Festival atipico noi vogliamo provare ad imbastire oasi di tolleranza e accoglienza, ergere ponti di reciproco incontro, ascolto, scambio, intersezione.
E’ ancora praticabile una biografia collettiva ricca di maggiore e migliore umanità?
Non lo so, so che è faticoso, spesso svantaggioso, sconsolante, comunque complicato. Se una speranza è ancora percorribile, allora sarà solo tracciando tutti insieme una realtà nuova, diversamente accessibile a tutti, magari anche preservando presidi sociali e culturali come questo progetto di impresa sociale, dal titolo inequivocabile “Chi è dentro, è dentro… E chi è fuori?”, salvaguardando esperienze di convivenza allargata che, come questa, pescano anche nell’arte, nella musica e nel buon cibo le ragioni quotidiane di una nuova idea di normalità e di contaminazione umana.
Questo è ed è sempre stato Sconfinart, l’invito all’intera comunità a sperimentare un’esperienza di collettività più riccamente solidale, differentemente più coesa e, chissà, magari persino più felice.
Come diceva un grande compianto amico, maestro di vita e pioniere di democrazia, libertà, solidarietà, diritti civili, Mario Tommasini: “L’ingiustizia, la povertà, la sofferenza, l’handicap, la solitudine, la disperazione picchiano forte… ma a saperla coltivare insieme, la speranza picchia forte ancor di più”.
Cayo Delegati