“Una noce nel sacco non fa rumore…. Ma c’é….!”: il fragile suono della solidarietà nella differenza.
Come é nella prerogativa di Sconfinart e come molti ormai sanno da queste parti l’Arte nelle sue varie forme da sempre ha veicolato con straordinaria efficacia ed immediatezza le ragioni della “diversità” più scomoda e di ogni fragilità a rischio di marginalità sociale. Uno straordinario e splendido rapporto d’amicizia sviluppatosi con molti musicisti e intellettuali in tutti questi anni, ci ha permesso di poter contare sulla disponibilità di alcuni grandi protagonisti della scena artistica nazionale. La loro vicinanza ci ha consentito di promuovere nei modi e nelle forme più incisive, in linea con la nostra idea riabilitativa, qualificate occasioni per superare le barriere personali e sociali della “diffidenza” e della “differenza”. Ci ha consentito nel corso degli anni di tessere scenari umani, produttivi, sociali e culturali ben radicati nella realtà quotidiana, di sviluppare contesti di vita autentica in cui le persone fragili potessero, insieme a tanti giovani, esprimersi da protagonisti insieme all’intera comunità.
Il nostro obiettivo é sempre quello, da qualsiasi angolazione lo si possa vedere, attraverso qualsiasi attività lo si possa perseguire: riuscire a dar vita ad una forma di solidarietà attiva e partecipata, ricca di stimoli sociali e culturali, capace di ritrovare significative ambizioni di reciprocità collettiva. Non é cosa facile, neanche solo ad immaginarla. Dopo 15 anni però possiamo affermare che qualcosa é successo. E anche qualcosa di più. Siamo ancora qua, forse più stanchi e meno ingenui, ben consapevoli che nessuna magica collaborazione istituzionale ci potrà adottare, saziare, salvare…
Quand’ero ventenne mio padre mi prese per l’estate nella sua piccola impresa edile voleva farmi capire il valore della fatica, la necessità dello sforzo, la bellezza e la spigolosità del mondo reale… Ebbene quell’esperienza fu estremamente formativa, non solo per il lavoro in sé quanto per le relazioni umane e di gruppo alle quali qualsiasi sfida collettiva ti obbliga. Emilio Mazzoni, grande muratore, stakanovista, straordinario “filosofo” del quotidiano al quale la fatica fisica accentuava sorrisi e buonumore, mi diceva sempre: “Una noce nel sacco non fa rumore…. Ma c’é….!” Non me lo sono più dimenticato questo invito alla caparbietà, ad essere sé stessi fino in fondo, a perseguire i propri sogni e i propri ideali non per convenienza o per il risultato immediato, ma per coerenza, dignità, autenticità. Ecco, senza spiegarla oltre, noi siamo ancora qui che scommettiamo sulle persone, su possibili e improbabili rinascite, sulla sensibilità di un territorio, sulle loro biografie, sul germe di una solidarietà che spezza i confini della separazione. Poco ci interessano il mare piatto e la pietà.
Lo scopo, semmai ce ne fosse solo uno, é ancora, sempre più, quello di favorire con esigue risorse pubbliche percorsi umani, sociali e culturali importanti per poi tradurli in esperienze collettive di benessere solidale; e solo da lì - certo anche a partire dall’offerta gratuita di ogni evento - reperire con ogni mezzo, mediante qualsiasi strumento che restituisca protagonismo alle persone più fragili, i fondi necessari a preservare vitali progetti di sostegno per chi più ne ha di bisogno, progetti la cui sopravvivenza in questo momento appare sempre più minacciata dalla grave carenza di risorse economiche istituzionali e dai terribili esiti del sisma che ha crudelmente ferito alcune zone del nostro territorio….
Perché nulla é facile, specialmente a certe latitudini sociali ma, come sostiene Paolo Fresu nella sua recente splendida tesi di Laurea, esiste un impossibile possibile ed é lì a cui tutti insieme, con chi ci sta, dovremmo guardare… Da soli non si va da nessuna parte, al massimo si gira a vuoto attorno a sé stessi, si resta intrappolati dentro i filamenti della nostra o altrui ragnatela, perdendo di vista gli orizzonti migliori, i più intensi, i più vivaci, quelli per cui vale la pena ex-istere, uscire dal perimetro del sé… sempre e comunque a barattare le nostre piccole circoscritte geografie con nuovi itinerari del nostro viaggio umano… Per quanto instabile, la libertà é veramente terapeutica, e tutto ciò che oltrepassa il muro dell’indifferenza può diventare “l’arma che uccide il Leone…” o almeno lo ferisce, lo ricaccia indietro di qualche passo.
A questo scopo ringrazio anticipatamente operatori, giovani, studenti, mamme, adulti, anziani che renderanno possibile questa ennesima traversata sociale giunta alla sua 18esima edizione... Il festival invece compie 16 anni... Nessuno dei due li dimostra. Nessuno dei due vuole saperne di dismettere le ragioni di una folle utopia...
Perché la nostra personale Araba Fenice qualche volta sorvoli ottimista la ricostruzione delle infinite “cadute” nelle quali chiunque incorre, perché in un’accezione più diffusa e collettiva del vivere insieme anche il Pil non ci rubi tutto l’ossigeno, per una differente speranza che sia giunto il tempo di misurare la qualità della vita di tutti coi termini di una auspicabile migliore Felicità Interna Lorda.
Perché anche in questa grave crisi ogni differenza possa continuare ad essere sinonimo di fragilità, ma mai di debolezza, solitudine, esclusione, abbandono.
Cayo Delegati